INTERVISTA, Hydrogen Europe Research: bene tavoli su piano strategico nazionale dell'idrogeno. Ma servono risorse

Intervista a Luigi Crema, Presidente di Hydrogen Europe Research (l'Organizzazione europea di ricerca nel campo dell'idrogeno) e Vice Presidente dell’Associazione Italiana Idrogeno – H2IT

Dopo un anno alla guida di Hydrogen Europe Research (HER), il Presidente Luigi Crema fa il punto della situazione e prospetta gli obiettivi futuri.

In questa intervista, Crema - che è anche vice Presidente dell’Associazione Italiana Idrogeno – H2IT - sottolinea l'importanza del ruolo di HER nel plasmare le politiche di ricerca europee sull'idrogeno, evidenziando il coinvolgimento nei Governing Board della Clean Hydrogen Partnership e l'impegno verso l'adozione di strategie innovative.

In particolare, Crema illustra l'avvio di due nuovi gruppi di lavoro interni a HER, focalizzati sulla ricerca avanzata e sulle infrastrutture tecnologiche, evidenziando l'intenzione di promuovere collaborazioni trasversali per affrontare le sfide del settore.

Guardando al futuro, il presidente identifica tecnologie avanzate nell'idrogeno, come nuovi materiali e processi elettrochimici e sottolinea il ruolo chiave della ricerca nell'industria, proponendo una collaborazione per accelerare l'innovazione e ridurre i tempi di sviluppo.

In quest’intervista, Crema esprime infine fiducia nel potenziale italiano e si dice soddisfatto dei tavoli di lavoro attivati dal MASE recentemente per realizzare un piano strategico nazionale dell'idrogeno, anche se sottolinea che “servono risorse” per sviluppare un quadro di mercato che permetta di attirare investimenti.

  1. Da gennaio 2023 è presidente di Hydrogen Europe Research (HER), organizzazione europea di ricerca nel campo dell’idrogeno. Un bilancio di questo primo anno?

Questo ruolo fornisce sicuramente l'occasione di incidere sulle politiche a supporto della ricerca europea sull'idrogeno. Permette di partecipare ai Governing Board della Clean Hydrogen Partnership insieme ai rappresentanti della Commissione Europea e dell'industria, Hydrogen Europe. Dal punto di vista del mio supporto ci tengo a citare una iniziativa su tutte, ossia il lancio di due nuovi gruppi di lavoro interni ad Hydrogen Europe Research, che considero molto importanti. Il primo su Low Trl Research, ossia dedicato alle frontiere della ricerca, alle tecnologie della prossima generazione, ai temi più sfidanti su nuovi materiali o nuove architetture.

Il secondo su Research and Technology Infrastructures, con l'obiettivo di svolgere una mappatura a livello europeo delle infrastrutture di ricerca e tecnologiche e delle rispettive dotazioni, mettendo in luce punti di forza e gap ad oggi esistenti per un adeguato supporto al settore industriale. Questo gruppo ha l'obiettivo di mettere in luce un nuovo ruolo della ricerca e innovazione, non solo dedicata a scoprire cose nuove in piccoli laboratori. Ci mettiamo in gioco su infrastrutture di scala rilevante industriale, cercando di risolvere problemi presenti nelle tecnologie anche già presenti sul mercato, con un ruolo più da innovatori.

  1. Prossimi obiettivi?

Ce ne sono molti. Parto dal fatto che siamo arrivati ormai alla metà del programma della Clean Hydrogen Partnership, con un tempo ormai limitato per realizzare il disegno della possibile futura partnership per il decimo Programma Quadro. I gruppi di lavoro nuovi avviati permetteranno di raccogliere informazioni molto importanti per identificare le priorità dello stesso. Lo sviluppo delle politiche a supporto dell'idrogeno, non solo in Europa, ma a livello mondiale, hanno attirato molti appetiti che hanno portato a sviluppare programmi ambizioni della ricerca e sviluppo in molti paesi a livello mondiale.

L'Europa, se vuole mantenere una forte posizione, deve continuare a investire nella ricerca, possibilmente all'interno di uno strumento quale quello attuale, che negli anni ha creato un forte ecosistema tra ricerca e industria e lo sviluppo di una visione condivisa di come sviluppare le tecnologie e le applicazioni. Oltre a questo, un prossimo obiettivo sarà quello di identificare Hydrogen Europe Research in Europa come lo stakeholder principale per raccordare i programmi di formazione e lo sviluppo delle competenze, ad oggi uno dei principali ostacoli allo sviluppo della filiera e della crescita del settore.

  1. Quali sono le tecnologie del futuro nel settore idrogeno non ancora sul mercato?

Il settore idrogeno ha ancora una forte capacità di sviluppo di nuove tecnologie. Ci sono diverse sfide ad oggi per quanto è stato fatto in Europa. Lo sviluppo di materiali avanzati rivestirà un ruolo molto importante. Questi coinvolgono la sostituzione dei materiali critici in elettrolizzatori e pile a combustibili. Tra questi si possono citare l'Iridio, il Platino e il Palladio, lo Scandio.

Inoltre, con il prossimo ban dei materiali a base di perfluoralcali (PFAS) da parte della Commissione Europea, vi sarà una crisi su diversi settori e tecnologie dell'idrogeno per il pesante uso di una categoria specifica di questi materiali, i fluoropolimeri, soprattutto nelle membrane protoniche degli elettrolizzatori e pile a combustibile PEM. Stiamo lavorando su diversi progetti dedicati alla sostituzione di questi materiali piuttosto che il loro riciclo, oltre al tentativo di dimostrare tramite dati scientifici che questa categoria non impatta sull'ambiente come altre famiglie di PFAS.

Ci sono molte tecnologie nuove che si stanno affacciando sia per la produzione idrogeno, tramite processi elettrochimici non ancora sul mercato, come elettrolisi con nuovi mediatori redox, senza membrana, con l'uso di tecniche di stampa 3d per la realizzazione di nuove architetture. Associato a questo lo sviluppo di tecnologie più performanti, con maggiore durata, con costi inferiori e su scale maggiori.

Vedremo comparire componenti per l'industria pesante, bruciatori, oppure turbine per la rielettrificazione e la regolazione della rete elettrica, sostituendo il gas naturale in questa funzione. La mobilità sfornerà nuovi modelli per il trasporto pesante, treni, bus, navi, aerei, ma anche auto e ripristinando il valore competitivo unito alla sostenibilità ambientale di motori a combustione interna alimentati a idrogeno. Una forte motivazione per tenere in vita l'industria europea.

  1. Che ruolo gioca la ricerca nello sviluppo industriale?

Come descritto sopra, la ricerca si sta trasformando per giocare un nuovo ruolo a fianco dell'industria. Sicuramente complesso, fuori da tutte le zone di comfort, su tempi e modalità tipici del settore industriale e a supporto dello stesso nel mantenere la competitività. Quindi non solo sviluppando nuove idee in push, ma risolvendo problemi su tecnologie esistenti, fornendo market insights, sviluppando casi di business e modelli tecnico economici, misurando quantitativamente la sostenibilità delle tecnologie, sviluppando nuove forme di collaborazione in cui ricercatori e ingegneri lavorano su nuove infrastrutture di scala rilevante industriale, tramite accordi strategici, laboratori congiunti, contratti e accordi di cosviluppo delle tecnologie. Questo permetterà in un contesto lento come l'Europa di prendere velocità, ridurre il time to market. Il tempo per il settore industriale è una variabile spesso a maggior valore dei costi di sviluppo.

  1. Di recente ENEA e H2IT, di cui lei è vicepresidente, hanno organizzato la Giornata Nazionale di Lancio del Bando 2024 “Clean Hydrogen Partnership” rivolto a tutte le entità pubbliche e private. Ritiene ci sia abbastanza dialogo tra università, istituti di ricerca pubblici e privati, industrie?

Il dialogo si sviluppa di pari passo con la costruzione di fiducia e la disponibilità di risorse. In questo periodo, tra programmi europei e nazionali le risorse non mancano, ma d'altra parte sono un'occasione forse limitata nel tempo che va colta subito. Con i centri tecnologici e le Università c'è un ottimo rapporto che guarda alla direzione descritta di miglioramento del nostro impatto sullo sviluppo di valore.

Con l'industria adesso la priorità è costruire fiducia. Per fare questo bisogna dimostrare che possiamo dare i benefici di minor tempo di sviluppo e di maggiore qualità dei prodotti sul mercato. Spesso quello che suggeriamo è di partire con piccoli passi. Piccoli contratti che affrontano un tema di priorità per le società. Abbiamo in corso molti studi e sviluppi di questa natura presso il Centro Sustainable Energy alla Fondazione Bruno Kessler, di cui sono Direttore, e devo dire che grazie a un team e collaboratori molto motivati stiamo raggiungendo importanti risultati nel costruire questa collaborazione tra più attori. Quello a cui tengo molto è condividere i problemi del settore e lavorare come una squadra, sia sulle sfide tecnologiche che su quelle legate allo sviluppo del settore e delle politiche a questo collegate.

  1. Il settore sottolinea la mancanza di una filiera nazionale. Quali sono le motivazioni?

Forse è una parola grande dire che manca la filiera nazionale. All'interno di H2IT abbiamo più di 150 membri che la rappresentano e assieme ai quali analizziamo da diversi anni la presenza di barriere allo sviluppo del mercato. È peraltro vero che siamo cresciuti molto e rapidamente, per cui la sensazione che molti attori non siano ancora associati a una filiera vera e propria è legittimo. Ma stiamo progredendo rapidamente. Sia con i nostri soci che nella collaborazione con altre associazioni, tra cui Confindustria, e soprattutto con le istituzioni nazionali, i ministeri, le regioni.

  1. Quali sono le azioni necessarie per spingere per la creazione di questa filiera nazionale?

Servono in primis risorse, ma non tanto per sviluppare singoli progettuali, o non solo, ma piuttosto per sviluppare un quadro di mercato che permetta di attirare investimenti, avviare progetti di grande scala, abilitare lo sviluppo di nuove tecnologie e prodotti. Quindi come H2IT abbiamo fornito supporto tramite studi e dati specifici al MASE per lo sviluppo del Decreto Tariffe, ad oggi in consultazione pubblica.

La filiera nazionale richiede risorse, dicevo, e il MIMIT, assieme a Invitalia, stanno dedicando molto sforzo per abilitare la costruzione di nuova manifattura nel settore idrogeno, dai componenti ai sistemi. Le due azioni, quella di investire da parte dell'industria sulla manifattura e i prodotti e quella di costruire un mercato dove i prodotti possano entrare, devono avere una correlazione temporale di prossimità. Altrimenti le industrie non riescono a rientrare in tempo dagli investimenti fatti senza un mercato in cui immettere i prodotti realizzati.

Aggiungerei anche un tema molto sollecitato da tempo da parte di H2IT, ossia la realizzazione di un piano strategico nazionale dell'idrogeno, del quale si stanno avviando i tavoli di lavoro attivati dal MASE recentemente. Questo permetterà di realizzare un impegno nazionale di breve, medio e lungo periodo, necessario per rendere confidenti gli investitori e attrarre i capitali. L'Italia sarà un paese molto importante per l'idrogeno nel contesto continentale, con un ruolo determinante per import, export, come hub e come sviluppo progettuale.

Intervista di Elena Veronelli.